Depressione post-partum; non ne avevo mai sentito parlare
Avete presente quando avete partorito da pochi giorni e tornate a casa con il vostro piccolo tesoro e siete al settimo cielo e piene di amore e gratitudine? Beh, io no. Per me non è stato così....
Partiamo dal presupposto che mia figlia è stata cercata e desiderata tantissimo.
Quei nove mesi sono passati in fretta, ma non senza problematiche. I primi mesi, li abbiamo spesso passati al pronto soccorso, con vari rischi di aborto. La nausea mi ha abbandonato solo al quarto mese. E gli ultimi tre mesi non riuscivo a muovermi dai dolori alla schiena. Quindi in fin dei conti li ho praticamente passati tutti e 9 a letto.
Immaginate la situazione; la mia prima gravidanza, vivevo all'estero, lontano da qualsiasi familiare o amico e date le complicazioni, sono rimasta a casa da sola dal primo giorno a combattere con la paura di perdere quell'esserino dentro di me.
Diciamo che già questo era un buon terreno per iniziare ad avere troppo tempo per accumulare pensieri e sensazioni negative.
Ma in quel momento ci ho fatto poco caso. Ero presa dalla situazione, dall'ansia di quello che sarà, dai preparativi e dalla paura del parto.
Alla fine, il parto andò bene, nonostante fu un cesareo d'urgenza. A casa ad aspettare oltre al papà, c'erano anche i miei genitori, che sono arrivati per supportarmi le prime settimane.
Mia madre si prese spesso cura della mia bambina, mentre io cercavo di riprendermi dall'operazione e dai dolori che l'allattamento mi procurava. Forse anche troppo spesso.
In quel momento non ci feci caso, ma ora col senno di poi, capisco che c'era già in quel momento qualcosa che non andava. Mentre la maggioranza delle mamme passa i primi tempi a guardare ed ammirare il loro pargoletto anche mentre dorme e sono gelose di farlo tenere in braccio anche al papà, io mi limitavo a cercare di allattarla e appena finiva la consegnavo direttamente in braccio a mia madre, che la cullava, cambiava, faceva il bagnetto ecc.
Non sentivo quell'attaccamento che le mamme sentono, quell'amore incondizionato che ti sentire su una nuvola rosa. Era come se quella bambina non fosse mia. Come se me l'avessero consegnata e prendermene cura era il mio compito, il mio lavoro. Tutto quello che facevo era meccanico e non guidato dal sentimento,
Dopo qualche giorno, i miei uscirono per un impegno e io mi ritrovai per la prima volta sola con la bambina. Ricordo solamente che una sensazione di angoscia tremenda mi avvolse e scoppiai a piangere per la paura di non sapere cosa fare ora con quella bambina.
Passavano i mesi e iniziai a sentirmi strana. Ero sempre nervosa ed irritata, eppure obbiettivamente non c'era nulla che non andava. Mia figlia era sanissima, non piangeva mai, mangiava e dormiva tutta la notte già dopo un mese dalla nascita.
Eppure, mentre tutto intorno a me non si accorgeva di niente, io sapevo che non poteva essere normale che una madre potesse sentirsi così.
Iniziavo ad essere sempre più frustrata. Appena mia figlia per qualche motivo non voleva mangiare qualcosa o non dormisse all'orario che io avevo prestabilito, le urlavo contro, la lasciavo piangere. Desideravo tornare alla vita di prima, quando non ero una mamma.
Non uscivo mai. Credo di essere uscita esattamente una volta sola con mia figlia a fare una passeggiata nel carrozzino. Mangiavo sempre. Non mi curavo più, non mi truccavo più e di notte mi svegliavo e piangevo senza alcun motivo. Iniziai anche a non aprire più le persiane di giorno, perché anche la luce del sole mi irritava.
A qual punto, decisi di fare qualche ricerca. Iniziai a guardare su Google se quello che sentivo era associabile a qualcosa. Si, esisteva il baby blues. Quando appena diventata mamma, ti senti sopraffare dalla tristezza e piangi spesso. Ma quello che sentivo io, era più profondo. Mi stava consumando dentro piano piano. E così lessi per la prima volta quella parola: depressione post partum. Non ne avevo mai sentito parlare ma ogni singolo sintomo che era lì riportato rispecchiava esattamente quello che sentivo io.
La prima cosa che feci fu parlarne con mio marito. Ricordo che lui reagì in modo scettico. Si, vedeva che non ero più la stessa persona, ma non voleva credere che soffrissi di quella patologia. Però mi disse che avrei dovuto consultare un medico.
Per me era impensabile, prendere il telefono o andare dal medico e dire che soffrivo in quel modo. Mi vergognavo. Non era possibile che una mamma si potesse sentire così. Una mamma deve essere felice e non sentirsi morire ogni giorno di più. Non potevo parlarne con nessuno. Chi avrebbe mai capito quelle sensazioni? Chi avrebbe capito e non mi avrebbe giudicata?
Passò altro tempo e io non andai da nessun medico. Mi convinsi che stavo meglio. E di questo riuscii a convincere anche mio marito.
Ma ormai avevo perso me stessa. Di quella ragazza aperta, solare e piena di voglia di vivere, non era rimasto più niente.
Avevo perso ogni amicizia. Si, perché da una parte ci sono quelle persone che quando diventi mamma non ti cercano più, perché pensano che una mamma non abbia tempo o bisogno di avere delle amiche e poi c'ero io che ormai mi ero chiusa in me stessa. Mi odiavo e odiavo il mio aspetto e quindi mi allontanai da quei pochi che erano rimasti.
Sopravvivevo ma non vivevo veramente.
Andai avanti così, fino ai 3 anni di mia figlia, quando un giorno, cosi dal nulla, arrivò lui; il mio primo attacco di panico...
@mammaesaurita
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